mercoledì 11 maggio 2016

stonewall

Stone wall è un film ambientato negli anni settanta, in una New York in pieno proibizionismo, in cui essere gay era ancora un reato, essere gay equivaleva ad essere malati, veniva curato con l'elettro shock, i gay non avevano nessun diritto e nessun riconoscimento, venivano licenziati se scoperti e quindi erano costretti a vivere in segreto, spesso a prostituirsi per poter vivere ed arrivare a fine mese.
Sono passati più di trent'anni ma sono ancora sette i paesi in cui essere gay è un reato, in Italia non sono ancora riconosciuti i diritti fondamentali come potersi sposare o essere genitori, tutt'oggi i transgender sono spesso costretti a prostituirsi perché difficilmente trovano lavori con cui possano vivere integrati in società, insomma siamo ben lontani da un riconoscimento pieno dei diritti omosessuali ma lo spettro dei "diversi" albeggia anche nella nostra società, magari più subdolo, cucito con dei paroloni e dei moralismi che inneggiano ai veri valori della famiglia, che a mio parere per essere tale non necessita di un uomo o di una donna con differenza di genere ma solo di tanto amore. Insomma i politici, i ben pensanti, il clero e buona parte della società civile attua una forma di sessismo discriminante più subdolo perché vestito di paroloni come " il bene dei figli vissuti in famiglie normali ", " la famiglia come nucleo sociale inteso alla procreazione ", parole grandi ma vuote, proferite per lo più da divorziati che trincerano il concetto di famiglia in stereotipi che la vita ha superato, disatteso vincendoli con la creazione di bellissimi nuclei famigliari di genitori omossessuali che funzionano benissimo .

lunedì 18 aprile 2016

the race

" The race " è il film su James Owens atleta di colore che  conquista le olimpiadi del 1936 di Berlino, vincendo 4 medaglie .
Il film parla del razzismo, quello americano nei confronti dei Neri e quello tedesco nei confronti degli ebrei, razzismo che viene polverizzato sulla pista da corsa da  Ownes, che correndo più contro il pregiudizio che per i record, vince su tutti diventando una vera leggenda.
Le olimpiadi del 1936 rappresentavano un solenne messaggio di propaganda elettorale per i nazisti che volevano rivendicare la superiorità della razza ariana in tutto il mondo, ma subirono un grave smacco dalla vittoria di un atleta di colore di ben 4 medaglie, ma anche in America, che discriminava i neri, privandoli dei più semplici diritti fondamentali, la vittoria di ownes ha rappresentato un riscatto, la vittoria non solo di un record olimpico con 4 medaglie, ma la vittoria di un nero su un bianco.
Il film è ambientato qualche anno prima della seconda guerra mondiale, con un Italia fascista, una Germania razzista, e un America decisamente razzista in cui il riscatto sociale poteva essere offerto solo nello sport ma mi sono chiesta siamo sicuri che sia radicalmente diversa la posizione di oggi?
Certo non ci sono più i regimi ma ancora le occasioni reali di riscatto sociale per uomini di colore o di condizioni sociali povere e disagiate sono offerte dallo sport, pensiamo ai circuiti di calcio che vanno a reclutare giovani campioni nelle favelas, lo sport come unico mezzo di riscatto, contro la povertà e il razzismo.
Ma in una società evoluta e riformista non è un po' poco?! Anche perché di reali campioni ne esistono veramente pochi, gli altri, la maggioranza sono ancora relegati in campi profughi, simili a lager, cittadini non graditi che non hanno ancora diritto né di cittadinanza ne' di asilo, questa è l'attuale Europa democratica e l'America connivente in quanto silente !

mercoledì 13 aprile 2016

Doina Matei il reato di sorridere

Penso di essere una di quei pochi italiani che non si è scandalizzata per la foto di Doina Matei al mare, ma per il provvedimento restrittivo del giudice che le ha tolto la semi libertà  vigilata a causa di quella foto.
Doina è l'assassina condannata a 16 anni di reclusione, di cui otto già trascorsi in carcere di Veronica Russo, aveva 21 anni quando ha commesso l'omicidio ed era già madre di due figli che ora sente da dentro il carcere una volta alla settimana al telefono per dieci minuti.
Doina aveva trovato un lavoro, era un caso di riinserimento in società, ed era un esempio di pena rieducativa che come dovrebbe essere ogni condanna, rende il condannato migliore e non avvezzo a ripetere il reato .
Credo che un Giustizialismo  e lo sdegno mediatico per una foto sorridente su FB non siano sufficienti a revocare la semi libertà vigilata, il giudice è stato chiaramente influenzato dallo sdegno mediatico per un innocente foto, per un comportamento socialmente comune, sono migliaia le foto pubblicate su FB, che non offende nessuno, allora se crediamo che una foto sia un comportamento inconciliabile con la semi libertà vigilata precisiamo nella sentenza di condanna, giusta solo quando equa, il divieto per il condannato di continuare a sorridere, il divieto di avere amici, il divieto di avere una vita sociale, in una parola condanniamolo direttamente a morte perché tanto il risultato è lo stesso, si chiede di pagare la perdita di una vita con un altra vita, la vita sociale, la vita che dopo aver scontato una giusta pena, tutti hanno il diritto di avere .
Una foto sorridente non è un comportamento socialmente pericoloso perché è facile essere buoni, difficile è essere giusti, e ritengo che dove ci sono troppi poliziotti non c’è libertà, dove ci sono troppi soldati non c’è pace, dove ci sono troppi avvocati e moralisti non c’è giustizia.

sabato 9 aprile 2016

Sanghuenapoli

Sanghenapule e' uno spettacolo teatrale sulla storia della vita di San Gennaro, quindi sulla storia di Napoli, sull'amore per Napoli che è una città che non si vive ma si attraversa nelle viscere e sotto la pelle, che ti coinvolge rendendoti spesso vittima inconsapevole delle sue regole e dinamiche schiaccianti e inumane.
Ecco perché i napoletani e i migranti si votano ad un santo protettore, San Gennaro appunto, dalle dinamiche a tratti laiche e pagane ai limiti del sacro e profano, un santo a cui puoi chiedere tutto, e che perdona tutto, puoi perfino offenderlo, lui capisce, un santo che risponde ai bisogni più primitivi della coscienza umana che a volte vanno aldilà della morale del buon senso comune.
Un fantastico Mimmo Borrelli e un superlativo Roberto Saviano sono i protagonisti dell'opera, magistrali interpreti e stupendi esponenti di quella Napoli che non puoi capire fino in fondo se non hai vissuto sulla pelle, se non ti ha attraversato nelle sue contraddizioni estreme che ti hanno reso spesso vittima della città, che ti hanno spesso portato a lasciarla a partire con la disperazione di un innamorato che lascia un amore a volte non corrisposto . Solo un santo, San Gennaro appunto, quindi solo una divinità ultraterrenea, ma estremamente pagana, può aiutare i napoletani e i migranti a superare le controversie di Napoli e della vita in genere perché ha quella misericordia superiore di una divinità suprema ma allo stesso tempo quella umanità comune che è capace di perdonare ogni cosa e a cui puoi chiedere ogni cosa.
Mi sono innamorata di questo santo e di questo fantastico spettacolo teatrale che va ascoltato di pancia.
Nel  monologo finale di Mimmo, sudavo con lui, avevo l'ansia, sentivo il fuoco del Vesuvio che brucia senza pietà, un'esperienza mistica, un interpretazione pulp che ti lascia senza fiato, che a volte non capisci per il dialetto stretto, ma ci rinunci la ami e prescindere, proprio come succede per Napoli, non la capisci, non la condividi ma la ami a prescindere.
Penso che la forza di questa opera teatrale che unisce i due interpreti sia proprio questa, l'amore per Napoli che spesso per Roberto Saviano è stata feroce matrigna, ma che con questa opera lo riappacifica con la città, gli dà un po' di tregua, è una dichiarazione di resa con cui rivendica i suoi natali e il suo amore incondizionato che da migrante suo malgrado lo ha portato lontano da Napoli ma non gli ha fatto mai dimenticare il suo sapore dolce e amaro che spesso ha bisogno di un santo protettore per essere digerito .
Tranquilli, da verace sarda, testimonio che non bisogna essere napoletani per amare l'opera, inoltre Milano la sta ospitando con grande successo, bisogna però credere nei miracoli, quelli in bilico tra il sacro e profano, tra il giusto e il sbagliato, tra il legale e l'illegale, che ci portiamo un po' tutti nel cuore ma che spesso non abbiamo il coraggio di chiedere, bisogna credere nel miracolo di San Gennaro ! Mimmo e Roberto a me hanno convinto ..... San Gennaro ha una nuova devota !

giovedì 31 marzo 2016

La Macchinazione

La macchinazione è un film che parla dell'assassinio di Pasolini, indaga, approfondisce e cerca di smentire la tesi del delitto sessuale, insinuando nello spettatore quanto meno il dubbio che Pasolini non sia stato ammazzato da Giuseppe Pelosi, suo occasionale compagno, ma che fosse un delitto di matrice politica .
Il film racconta che Pasolini prima di essere ammazzato lavorava su Petrolio, un libro importante, di denuncia, di condanna, un libro in cui sempre secondo il regista, si ipotizzava che la colpa delle stragi bombarole degli anni '70 fosse di natura politica, libro in cui nasceva la prima ricostruzione della nascita della loggia massonica della p2, libro che proprio per i suoi contenuti di denuncia, secondo la narrazione del film, sarebbe costato la vita allo stesso Pasolini.
Nasce e traspare dal film un immagine di Pasolini solo, senza il sostegno ne' dei circuiti letterari dell'epoca, forse trova una spalla in Moravia, né nella classe politica che lui sostiene, il comunismo gli volta le spalle, lo lascia solo abbandonato al suo triste destino, lo accusano di essere un folle, un visionario, un depravato che consumava sesso con giovani ragazzi, quindi lo delegittimano, cercando di screditare lui, vogliono screditare la fondatezza delle sue parole e dei suoi scritti.
Un uomo solo, un grande intellettuale, vittima a mio modesto parere prima che dei suoi assassini del pregiudizio, di una stampa becera e morbosa e di un comunismo incapace di proteggere il suo figlio diletto !

venerdì 25 marzo 2016

Villanova e La Marina

In questo clima di insofferenza mediatica allo straniero, di violenza oltre che fisica anche verbale, di continui sproloqui di tuttologi, ahimè spesso politici, che pretendono di risolvere il problema terrorismo fomentando l'odio e la discriminazione per il migrante, voglio dare una mia personale testimonianza di integrazione di alcuni quartieri di Cagliari: Villanova e La Marina .
Sono due quartieri storici della mia bella Cagliari, l'amministrazione comunale in questi anni ha fatto un lavoro magnifico di riqualificazione e restauro delle case e della pavimentazione delle strade, trasformando i quartieri in zone pedonabili, e dei quartieri per lo più poveri, popolati da stranieri e immigrati, si sono trasformati in un centro di attrattiva per i turisti ma anche per gli stessi cagliaritani che invogliati dall'ottimo prezzo d'acquisto delle case, ci sono venuti a vivere, mostrando un bell'esempio di integrazione e di convivenza tra italiani e stranieri.
Il merito di questa possibile convivenza tra stranieri e italiani e' stata possibile grazie alla riqualificazione dei quartieri, alla bonifica di strade e case, alla creazione di un piano culturale di rilancio dei quartieri, al non abbandono di queste zone alla povertà e all'abbandono, all'integrazione dello straniero come valorizzazione del tessuto sociale, ed è un chiaro esempio di pacifica convivenza  tra culture e razze differenti.
Quando l'amministrazione comunale interviene, quando non si creano quartieri ghetto in cui vige l'anarchia e non viene riconosciuta l'autorità dello stato ospitante, quando la cultura del restauro di vecchi quartieri diventa anche centro di ricchezza per investimenti dediti al commercio e al turismo, è possibile l'integrazione, è possibile vedere lo straniero come fonte di ricchezza per la città, è possibile una convivenza pacifica .

mercoledì 23 marzo 2016

Bruxelles

Bruxelles centro vitale dell'Europa, blindata e protetta più di ogni altra città, è stata colpita ...
È una guerra senza confini, che fa più vittime da diversi fronti, etnie e razze, ma spesso le vittime europee hanno un peso specifico differente rispetto alle vittime africane, arabe o siriane e soprattutto la colpa delle vittime europee ricade a sua volta sulle vittime africane, siriane: i migranti!
Si parla subito di chiusura frontiere, come se adesso fossero realmente aperte, chiusi e prigionieri in campi profughi in cui le condizioni umane e socio-sanitarie non sono certamente brillanti, si parla di accogliere il nemico in casa, come se tutti gli arabi o richiedenti asilo fossero degli estremisti islamici, come se migrante facesse rima con terrorista, si fa leva sulla paura, sull'ignoranza, sulla condizione di povertà di molti europei che si fa credere venga aggravata dall'ingresso nelle nostre città dei profughi e non si racconta la verità: le armi e le bombe usate per queste stragi sono fatte tutte in Europa, vendute da noi europei agli stessi terroristi, e gli stessi soldi che l'isis usa per uccidere e sovvenzionare la sua folle guerra è fornita in gran parte dagli stessi Stati americani ed europei che comprano il loro petrolio .
Quindi di chi è la colpa? Chi sono i reali mandanti di queste stragi? Che volto dare ai colpevoli ?
Troppo facile, troppo conveniente, troppo comodo dare la colpa ai migranti, significherebbe non ammettere le reali responsabilità dell'occidente nei confronti della nascita dell'isis.
La chiusura delle frontiere non risolve il problema, ma neanche la militarizzazione di intere città, la chiusura in milioni di metal detector che dovrebbero scannerizzare anche l'animo non serve a tenere lontano i terroristi, la politica europea ha fallito, servirebbe un lavoro di coordinamento di intelligence tra i vari stati che consentisse un lavoro di indagine comune e la possibilità di incrociare dati, sequenze criminali con velocità e massima collaborazione tra tutti gli Stati occidentali, inoltre servirebbero delle politiche sociali di accoglienza e integrazione che non chiudano l'immigrato in quartieri ghetto in cui non viene riconosciuta la potestà legislativa dello stato ospitante.
Dare la colpa al profugo è solo un bieco pretesto per non dare un reale nome ai colpevoli di queste stragi terroristiche e non accettare il completo fallimento delle politiche europee, incapaci di creare leggi comuni e di coordinamento tra i diversi stati per un fronte unitario contro criminalità e terrorismo.